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Il Segretariato Sociale
per la Vita di Roma A.P.S.




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una nostra iniziativa per venire incontro alle necessità immediate di tante mamme.
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Sono arrivata in Italia per raggiungere il mio compagno

 

Sono arrivata in Italia per raggiungere il mio compagno quando avevo poco più di 20 anni. Aspettavo il mio primo bambino che è nato pochi giorni dopo il mio arrivo.

Sognavo una famiglia, un marito con cui andare d’accordo, un padre per mio figlio che si prendesse cura di lui e di me.

Ricordo che durante il parto strillavo. Nessuno mi aveva detto cosa mi aspettava, né quello che avrei dovuto fare. Quelli però non erano strilli di gioia e nemmeno di paura, ma gli strilli di una donna che si era lasciata nelle mani di gente che non conosceva e non capiva la sua lingua. Era un modo per spiegare quello che provavo. Buffo no?

Il ritorno a casa non è stato facile.

All’inizio siamo stati ospitati dai suoceri, ma non potevamo convivere con loro: troppe differenze ci separavano.

Così siamo andati ad abitare per conto nostro. Si fa per dire perché avevamo trovato una stanza in affitto in un appartamento da condividere con un’altra coppia di stranieri…Io però ero contenta perché potevo finalmente vivere la vita che sognavo.

In quel periodo tutto andava bene con il mio compagno, tranne qualche lite per problemi materiali: lavorava solo lui e a volte i soldi non bastavano. Io però pensavo che lui era solo un po’ nervoso come lo sono tutti i neo papà.

Passa un anno tra alti e bassi e scopro di essere incinta un´altra volta. Ero felice e spaventata. Felice perché potevo avere un altro figlio - sempre avevo desiderato di avere dei bambini con poca differenza di età - spaventata perché sapevo come lui avrebbe reagito: avrebbe deciso di farmi abortire.

E così è stato. Lui non voleva un altro figlio perché – diceva - mi avrebbe impedito di andare a lavorare e noi stavamo qui per questo, per guadagnare.

Non era certo quello che volevo io!!! Così mi sono trovata a decidere tra i miei sogni di una famiglia felice e i progetti di lui. Tra noi parlavamo, lui però sempre più convinto, mi scoraggiava in ogni modo. Sapevo quello che volevo e che ce l’avrei fatta ad accudire un altro figlio. Lui determinato arrivò anche a dirmi che se tenevo il bambino tra noi due sarebbe andato tutto a rotoli ...

La sua insistenza piano piano mi convinceva che era meglio abortire. ... Però era difficile per me. E non sapendo con chi parlare, raccontai tutto a mia suocera.

Mancava una settimana per fare l’aborto quando una sera il mio compagno è tornato a casa e mi ha detto che era stato presso un centro dove aveva parlato con delle persone. Lì gli avevano promesso di aiutarci a tenere il bambino e anche che ci avrebbero dato un aiuto economico, il Progetto Gemma. Era tutto entusiasta e mi fece vedere anche un libricino che gli avevano regalato: c’erano le foto di un bambino concepito da poche settimane e la sua vita che si sviluppava nella pancia della mamma.

Il mio sogno si avverava. Io non ci credevo. Dopo ho scoperto che era stata mia suocera a trovare questo centro per aiutarmi e che aveva fatto di tutto per convincere il figlio ad andare!!! Chiesi al mio compagno più volte se era sicuro che voleva farmi tenere il bambino e lui mi rispose di sì e anche che tra noi le cose sarebbero cambiate. Io ancora non ci credevo.

Pochi giorni dopo ero al centro e anche se non capivo ancora bene l´italiano, capivo però che quelle persone volevano aiutarmi a tenere il bambino e questo mi bastava. Ero più serena, la crisi era passata.

Trascorso un certo periodo i problemi con lui si ripresentarono. Trovai un grande sostegno nel centro. Ogni mese quando andavo lì per ricevere l’aiuto economico di Progetto Gemma era l´occasione per parlare, sfogarmi perchè ero preoccupata, tanto. Da loro anche se mi esprimevo male, mi sentivo capita.

Quando è nato mio figlio Alessio ho provato una grande gioia. Lo guardavo dormire tranquillo e pensavo: “Povera creatura, non sa cosa lo aspetta”. Dentro di me però gli ho promesso che avrei fatto di tutto per renderlo felice, assieme al suo fratellino.

Dopo non è stato facile né per loro, né per me. La vita era diventata insopportabile, perchè il mio compagno voleva a tutti i costi che io andassi a lavorare.

Sono stata costretta a separarmi per un periodo dai miei figli, a portarli a casa da mia madre. Ho sofferto tanto, non passava momento che non pensassi a loro, ai miei figli ...

Ho iniziato a lavorare e un po´ alla volta anche a non dipendere più dal mio compagno. L´unico conforto lo trovavo al Segretariato: lì mi incoraggiavano ad andare avanti e, rispetto al mio compagno anche a fare delle scelte per le quali però non ero ancora pronta.

Quando ho capito che con lui non avrei mai avuto una famiglia serena, ho scelto di andare avanti da sola con i miei figli. Mi è dispiaciuto soprattutto per loro.

Ora sono cresciuti e sono due bambini tranquilli: corrono, giocano, adorano il padre ...

Non ho ancora una casa mia e la vita che faccio è difficile, ma sono felice. E’ vero che i miei figli non hanno tutto, ma non faccio mancare loro l’essenziale. Ed ogni giorno per me è una conquista.

Ma è bellissimo vedere come crescono e il risultato di tanti sacrifici… Mi sento volare quando qualcuno fa loro i complimenti perché sono educati o per i risultati che ottengono a scuola. Adesso capisco di più quanto mi ricordava sempre un’operatrice del centro: “Ricordati che Dio è Amore”: un invito ad andare avanti e a credere.

 
 
 
 
 
 

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